REGGIO CALABRIA -“Don” Edoardo Scordio, il parroco di Isola Capo Rizzuto sottoposto a fermo nell’ambito dell’inchiesta della Dda di Catanzaro, è balzato agli onori della cronaca negli anni Ottanta per le sue clamorose iniziative contro le cosche mafiose che dominavano nel territorio, sostenendo fiaccolate, proferendo omelie in piazza e durante i funerali di persone uccise per mano della n’drangheta.
L’operazione “Johnny” ha permesso di demolire l’organizzazione delinquenziale degli Arena che, tra l’altro, aveva messo le mani sulla gestione del “CARA” di Isola Capo Rizzuto, considerata la più grande struttura d’accoglienza d’Europa, con cinque ettari di superficie. Secondo l’accusa degli oltre 100 milioni di euro assegnati alla struttura, almeno trenta sarebbero stati dirottati verso i clan.
“Don” Scordio appare come uno dei registi del sistema che avrebbe permesso alla cosca di Isola Capo Rizzuto di intascare i soldi destinati all’assistenza dei migranti, in accordo con Leonardo Sacco, governatore della “Fraternita di Misericordia”, l’Ente che gestisce il Centro di Isola. A Scordio sarebbero stati erogati indebitamente 132.000 euro nel solo anno 2017 a titolo di prestito/contributo e pagamento di note di debito “per servizi di assistenza spirituale”.
Il Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri ha dichiarato che il controllo sul centro “Sant’Anna” andava avanti almeno dal 2009, lucrando anche sui pasti.
“C’era mangiare che non bastava mai. Abbiamo filmato anche la qualità del cibo: noi di solito quel cibo lo diamo ai maiali. C’erano delle società create appositamente per rifornire i pasti e con questi soldi hanno comprato cinema, teatri, decine di appartamenti, macchine e barche di lusso, terreni”.
Dalle indagini svolte è emerso che i pasti riservati ai rifugiati erano ordinati e pagati e consegnati in numero inferiore, anche se molti immigrati non erano presenti nel centro durante la giornata e la fornitura non era sufficiente per tutti.
“Il prete, il governatore e gli Arena – ha affermato ancora Gratteri – si ingrassavano sulla pelle di questi poveracci e comprano teatri, ville e quant’altro. Bravissimi sono stati i colleghi Vincenzo Capomolla e Domenico Guarascio, che hanno lavorato fino a tredici ore al giorno, per ore e ore di filmati fatte da elite della polizia giudiziaria”.
Nicola Gratteri é uno dei magistrati più impegnati contro la ’ndrangheta e uno dei massimi esperti di criminalità organizzata calabrese, e ha sempre affermato che tanti sono i prelati vicini alla n’drangheta e alla massoneria, ma ha anche dichiarato che
«[…] Qualcosa è cambiato dalle parole di Francesco in Calabria: il Papa, contravvenendo a convenzioni e rituali, ha strappato il discorso preparato e ha parlato a braccio. Ed è andato oltre sia alle parole di papa Wojtyla nella valle dei Templi ad Agrigento che alle frasi di papa Ratzinger nella sua visita a Lamezia. Francesco per la prima volta, più che ai mafiosi, si è rivolto ai vescovi e agli uomini di Chiesa. Da allora vedo le posizioni di alcuni vescovi molto più chiare e determinate contro la criminalità organizzata. Ci sono pastori che stanno prendendo posizioni molto ferme, per esempio il vescovo di Catanzaro, monsignor Bertolone, che parla molto chiaramente ed è molto attento. Intervenendo su certe dinamiche non chiare sta indubbiamente contribuendo al cambiamento, è un vescovo coerente rispetto al suo compito e alla sua funzione. Ma in Calabria ci sono anche molti preti impegnati e che operano in questi territori seriamente e in punta di piedi».
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