Settembre 1980. Castel Gandolfo. Nel piccolo comune dell’Agro romano situato a pochi chilometri dalla Capitale e mitigato dai venti freschi, provenineti dai Colli Albani, gli abitanti delle vicine frazioni di Grotta Ferrata , Rocca di Papa e Marino accorrono per assistere alle celebrazioni in onore del santo Patrono, San Sebastiano. Minuscole imbarcazioni lignee, in fila come formiche l’una dietro l’altra,popolano le acque dolci del Lago Albano, trasportando a bordo fuochisti intenti a posizionare lungo le sponde girandole e apparati pirotecnici. Mentre un gruppo di contadini , raccolti grappoli di pregiata uva sultanina, si accinge a compiere il rito stagionale della vendemmia, nell’agriturismo: “La Tognazza Amata“, rilevato dall’attore Ugo Tognazzi , fervono i preparativi per il pranzo. D’un tratto, il silenzio che avvolge il cortile, viene improvvisamente interrotto dal rombo dei motori di due autovetture, dalle quali fuoriesce una comitiva di amici, gli attori: Vittorio Gassman e Paolo Villaggio e i registi Mario Monicelli, Marco Ferreri, Luciano Salce e Pupi Avati. Accolti dai fattori, Maria e Lino, prendono posto nell’ampio soggiorno dove, appesi alle pareti, campaeggiano quadri dipinti a olio con scene bucoliche e agresti. Al centro della sala, sul tavolo apparecchiato, brillano un servizio di bicchieri di cristallo di Boemia e posate d’argento che circondano piatti in finissima porcellana bavarese. L’eleganza del convivio, in contrasto con l’ambiente rustico, suggerisce a Luciano Salce , già sedutosi al proprio posto, una graffiante battuta riguardo l’istrionica personalità del padrone di casa. “‘N ‘c’è sta’ niente da fa’…Ugo è sempre lo stesso!…Gli piace la bella vita: è ‘n’ vitellone!”. Tognazzi, intanto, entrato di soppiatto nella stanza, cogliendo di sorpresa gli ospiti, esclama: “Benvenuti!…vedo che non avete perso tempo…Bene, bene!…E’ proprio il caso di dire che : “Quando il gatto non c’è, i topi ballano!”…Immagino steste parlando male del sottoscritto…spero almeno che qualcuno di voi abbia tirato fuori un insulto diverso dai soliti, banali : “donnaiolo”, “scialacquatore, “dissoluto”, che sento dire in giro sul mio conto. Pretendo da voi qualcosa di più…in fondo , voi siete i miei migliori amici!…Ora , però,bando ai pettegolezzi da massaie!…Mi scuso per il ritardo, ma come sapete , il cuoco,qui, sono io, ed ero alle prese, giustappunto, con gli ultimi ritocchi a una delle succulenti portate che vi ho preparato…Spero siate state accolti adeguatamente dai miei “angeli”, Lino e Maria: cento anni in due e non sentirli!…Curano l’orto, il pollaio…qualche volta, non ve lo nascondo,beviamo un goccetto insieme. Come si dice:”In vino veritas”…e noi siamo persone sincere!…La vita contadina è all’insegna delle cose genuine …qui non esistono sofisticazioni…Possiedo un frantoio, macino le olive, produco il mio olio…Qui, insomma, sono felice!…e ispirato dagli odori, dai sapori, cucino!…Oh, ma lo sapete che il fatto di essere cuoco poteva anche diventare una seconda professione ,se il cinema non mi avesse dato la possibilità di vivere?!…Comunaue, devo dire che al di là della passione , sono molto competente in questo campo: conosco la cucina e i prodotti quasi con l’esperienza di uno chef!. Stamane, per esempio, vi ho preparato dei “Tortelli di ricotta dura”, un “filetto di carpaccio a modo mio, con contorno d’insalata di spinaci e un dolce della tradizione partenopea: il “Babà”, farcito con crema di kiwi e marmellata d’arancia”…Assaggiare , provare, non mollare i fornelli: questa la regola del gastronomo serio!…e poi, la cucina è il luogo più divertente di tutta la casa!. Per me, almeno!. Nella mia cucina, c’è un enorme frigorifero che sfugge alle regole della società dei consumi…Non è un “Phicone” , uno spettacolare frigorifero panciuto color bianco polare. E’ di legno e dalle quattro finestrelle si può spiare l’interno e bearsi della vista degli insaccati, dei formaggi, dei vitelli, dei quarti di manzo che pendono maestosi da ganci lucidi. Questo frigorifero è la mia “cappella di famiglia”!…Capita che , di mattina, mia moglie, Franca, mi scopra inginocchiato davanti a questo feticcio, a questo totem dell’umana avventura. Me ne sto lì, raccolto in contemplazione , in attesa di un’ispirazione per il pranzo. Questa immagine, indubbiamente paradossale , può darvi un’idea di quanto ascetico sia il mio attaccamento ai piaceri della tavola e, quindi, alla vita , e di come, in fondo, io sia da considerare un martire del focolare , anche se sulle braci roventi, in genere, non amo diaporre la mia persona , ma ,sia pur con infinita cura, braciolina di vetellino da latte!. Ho la cucina nel sangue, il quale , penso, comprenderà senz’altro globuli rossi e globuli bianchi e, nel mio caso, una discreta percentuale di salsa di pomodoro. Io ho il vizio del fornello…sono malato di “spaghettite”: per un’oliva pallida potrei realmente delirare!…L’attore?… a volte ,mi sembra di farlo per hobby!…Mangiare no: io mangio per vivere!…E mi sento vivo davanti a una tegame. L’olio che soffrigge è una musica per le mie orecchie!. Il profumo di un buon ragù l’adopererei come dopobarba …un piatto di fettuccine intrecciate o un’oblunga forma d’arrosto, per me, sono sculture vitali, degne di un Re!. Dopo aver preparato un pranzo, una cena , la mia più grande soddisfazione è l’approvazione degli amici convitati. E in questo , tutto sommato, non faccio che ripetere ciò che mi accadeva a teatro e che , ora, con il Cinema, mi viene a mancare: il contatto diretto con il pubblico. In questo mio rapporto d’amore con la cucina non ho mediazioni, né prescrizioni: io sono il creatore della scena e il suo esecutore, il demiurgo che trasforma le parole di una ricetta in una saporita e colorita realtà, armonizzando e proporzionando gli ingredienti, percependo anche emotivamente il giusto punto di cottura, partecipando visceralmente alla frittura delle patatine , soffriggendo con l’aglio dentro l’olio bollente,estasiandomi di soffritto, beandomi d’ogni sugo, perdendomi tra gli aromi e gli odori, amando una fogliolina di basilico appena colta,immolata sui fumanti maccheroni al pomodoro. La mia è una cucina d’arte!. La soffro come pochi. Ed è per questo che do molta importanza anche alla scenografia che l’accompagna, all’atmosfera che la circonda, a tutto quel flusso di sensazioni piacevoli che provengono dalla memoria o dall’ambiente e che investono prepotentemente il piatto, arricchendolo di antichi e nuovissimi significati. Come a Proust ogni oggetto sussurrava ricordi lontani e sepolti , così a me ogni cibo rammenta tempi perduti o ritrovati. E la gallina bollita mi fa ricordare la nonna, le domeniche di Cremona, e i lamponi freschi, invece, le lontane e rare villeggiature in montagna con i miei genitori!”. “Sì, d’accordo, Ugo…”, l’interrompe il regista Pupi Avati, “Te parli, parli, ma qui, di cibo, non se ne vede nemmno l’ombra!…E poi , cos’è che l’è ‘sto “Carpaccio a modo mio”?…Sarà mica un impiastro ripieno di salse e salsine piccanti?…No, perché dal piccante debbo stare alla larga, il dottore è stato chiaro: dice che mi fa male: sai quell’ulceretta?…”. “Ma che male e male, che ulceretta e ulceretta!…Affetto sottile la carne di manzo,cucino a parte un sughetto fatto con olio di nocciole e semi, aceto di lamponi, parmiggiano grattuggiato,pasta di tartufo, sale e pepe e , appena pronto, lo riverso sulla fettina e…voilà, il secondo è già nel piatto!”, replica Tognazzi. “Certo che , te, Ugo, sei davvero una buona forchetta!”, replica Avati, “Dalle mie parti, su ,a Bologna, si dice : “abbuffone”..Eh , sì Tognazzi, te sei proprio un abbuffone!”.
“Giravo per la città fino a notte inoltrata con una compagnia della buona morte. La mattina si dormiva sino a mezzogiorno. La domenica il tradizionale struscio. Si campava alla meglio!. Il guaio è che tutti avevano , bene o male, un mestiere o si prepravano ad averlo. Nel palazzo dove abitavo, gli amici mi ripetevano , ed era sempre la stessa nenia: “Terminata la scuola andrò in banca”; “Io , alla Federazione, me l’ha assicurato il fiduciario”; “Io, alla “Lancia”, “E tu, Ugo, dove andrai a parare?” e , a quel punto facevo i pensieri più brutti che si possano immaginare. Amo la mia città d’origine, anche se ogni volta che ritorno mi trattano come se fossi l’ultimo della cordata. Incontro un tale con il quale ho giocato a biliardo, ho fatto partite con la palla di pezza per la strada e gli grido: “Ciao, Giuvà!” e quello a stento mi risponde con un “Salute!”. Così, l’attore Ugo Tognazzi ricordava la sua adolescenza , nel corso di un’intervista rilasciata a un cronista di un noto settimanale. Nato il 23 marzo del 1922 a Cremona, figlio di un assicuratore , all’età di quattordici anni, impiegatosi negli stabilimenti di un salumificio, abbandona gli studi. Rivelato sin dall’infanzia un talento d’attore, recita in diverse filodrammatiche, esibendosi in spettacoli comici ideati durante le riunioni del Dopolavoro. Durante la Seconda Guerra Mondiale, prestato servizio militare in Marina, tiene alto il morale dei battaglioni intrattenendoli con le sue capacità mimiche e l’abilità nel recitare garbate barzellette. Nel settembre del 1943, benché avesse trovato un lavoro presso l’Ufficio Ammasso e Fieno, si trasferisce a Milano dove , fattosi conoscere negli ambienti teatrali e dell’avanspettacolo, partecipa classificandosi al primo posto, a un concorso di “comici dilettanti”. Ingaggiato dagli impresari della compagnia della soubrette Wanda Osiris , rimane deluso quando gli stessi gli comunicano che non calcherà le scene al fianco della “Divina”. Entrato nelle compagnie di Erika Sandri e di Erminio Macario, fra il 1946 e il 1949 , interpreta macchiette in riviste ideate da Marcello Marchesi e da Ruggero Maccari, quali: “Viva le donne“, “Febbre azzurra”, “Castellinaria”, “Quel treno che si chiama desiderio”. Nel 1950 esordisce nel Cinema con la commedia sentimentale, diretta da Mario Mattòli “I cadetti di Guascogna” e, pur avendo ottenuto il favore dei critici, che definiscono la sua interpretazione: “Godibile”, non abbandona il palcoscenico, debuttando , anzi, nel ruolo di protagonista in commedie come: “Dove vai se il cavallo non ce l’hai?”, “Ciao , fantasma”, “Barbanera bel tempo si spera” e “Passo doppio“. Siglato il sodalizio artistico con l’attore Raimondo Vianello, che a qualche anno di distanza dalla separazione ne rievocò i fasti , dichiarando : “Avevamo un affiatamento talmente forte, che stavamo sempre insieme, anche dopo lo spettacolo, legatissimi dalla passione per il calcio” , sotto il veto di una pressante e opprimente censura imposta dai vertici della Rai , dal 1954 al 1959, dà vita a scenette e gag esilaranti nella seguitissima trasmissione televisiva, in onda sul primo canale nazionale, “Un, due , tre”. Divenuto padre di Ricky, frutto della travagliata relazione con la ballerina inglese Patt O’ Hara, nel 1956 fa ritorno in teatro, interpretando con Gianni Agus e Lia Zoppelli le commedie brillanti: “Il fidanzato di tutte”, “Papà mio marito”, “L’uomo della grondaia” e “Gog e Magog”, pochade,quest’ultima, della quale è anche regista. “Io amo le donne, non sarei capace di farne a meno. Ti danno entusiasmo e quando le lasci resta dentro di te una piccola parte di loro”, sentenzia l’attore, interrogato dalla giornalista di una rivista femminile sulla sua fama di viveur, fama alimentata dagli innumerevoli personaggi di sfrontati seduttori e di mariti fedifraghi impersonati nelle pellicole: “Marinai donne e guai“, del regista Giorgio Simonelli, “Le Olimpiadi dei mariti” di Giorgio Bianchi, “Tipi da spiaggia” e “Sua eccellenza si fermò a mangiare”, entrambe di Mario Mattòli. Nel ventennio Sessanta/Settanta , invece, si mostra al pubblico del grande schermo quale attore drammatico , recitando nei panni del tronfio e inconcludente gerarca fascista “Primo Arcovazzi”, determinato, in pieno Armistizio , preludio alla caduta del fascismo , a condurre dalla provincia a Roma,come prigioniero politico, il professore anarchico “Georges Wilson” (Erminio Bonafè) nel film di Luciano Salce “Il Federale”. Volto di “Carosello” e della “commedia all’italiana”, rappresenta superbamente i vizi e le manie dell’italiano medio,delineando il ritratto di uomini ora borghesi, egoisti e intraprendenti, ora pusillanimi e vigliacchi come: “Antonio Berlinghieri”, l’industriale de “La voglia matta“, pellicola desunta dal racconto “Una ragazza di nome Francesca” di Enrico La Stella; come “Umberto Gavazza”,il reduce della Grande Guerra, “camicia nera” e squadrista per ragioni di opportunismo , de “La marcia su Roma” di Dino Risi ; come “Alfonso”, l’uomo oggetto ,compagno di Regina (Marina Vlady),desiderosa di un figlio a ogni costo, de “Una storia moderna: l’ape regina” di Marco Ferreri; come il padre de “I Mostri” di Dino Risi, che nell’Italia del boom economico e dell’industrializzazione insegna al figlio la pratica redditizia del cinismo e dell’egoismo; come “Luciano Bianchi”, il proletario anarchico de “La vita agra” di Carlo Lizzani, pronto a far esplodere Milano, metropoli del capitalismo, il quale ,lusingato dalle false promesse di un’ascesa sociale, si converte ai dogmi di un’esistenza agiata; come “Andrea Artusi”, il marito ossessionato dall’infedeltà della moglie, “Maria Grazia“(Claudia Cardinale) de “Il magnifico cornuto“, film trasposizione della commedia teatrale di Fernand Crommelynck “Le coocu magnifique” (1921), diretta da Antonio Pietrangeli; come “Sergio Misiani”, il maestro di violino poligamo che sogna una famiglia costituita dalla moglie, dalle amanti e dai rispettivi figli, de “L’immorale” di Pietro Germi; come “Antonio Pepe”, il funzionario di Polizia pavido e codardo dinanzi ai maggiorenti de “Il commissario Pepe”, pellicola adattamento dell’omonimo romanzo di Ugo Facco De Lagarda, diretta da Ettore Scola; come il “Cardinale Rivarola” , prelato intransigente e reazionario, oggetto delle pasquinate , componimenti poetici salaci e irriverenti, del fine dicitore/calzolaio “Cornacchia” (Nino Manfredi) nella Roma carbonara e indipendentista del 1825, de “L’anno del Signore” di Luigi Magni; come “Ugo”,il suicida, insieme con un gruppo di amici (Michel- Michel Piccoli, Philippe, Philippe Noiret, Marcello, Marcello Mastroianni) de “La grande abbuffata” di Marco Ferreri; come “Giulio Basletti”, il metalmeccanico tradito dalla giovane moglie meridionale “Vincenzina” (Ornella Muti) di “Romanzo popolare”, diretto da Mario Monicelli; come “Livio Stefani”, il marito dongiovanni , poco incline a tollerarle le scappatelle della moglie “Lisa” (Monica Vitti), pur proclamandosi di “larghe vedute” de “L’anatra all’arancia” , film di Luciano Salce, tratto dall’omonima pièce teatrale di William Douglas Home e Marc Gilbert Sauvajon; come “Amedeo Pegoraro”, il diabolico comproprietario, insieme con la sorella Ofelia (Mariangela Melato), di un palazzo , intenzionato a sfrattare gli inquilini per vendere lo stabile, de “Il Gatto” di Luigi Comencini; come “Mariano Bonifazio”, il giudice fazioso, capace di condannare un innocente pur di affermare la sua ideologia de “In nome del popolo italiano” di Ettore Scola; come “Renato Baldi”, l’omosessuale che vive in bilico tra ipocrisia e luoghi comuni, de “Il Vizietto”, “Il Vizietto II” e “Matrimonio con vizietto“, dei registi Edouard Molinaro e Georges Lauther ; come “Lello Mascetti”, componente di un’allegra comitiva di amici fiorentini dedita ai tiri burloni, de “Amci miei”, “Amici miei Atto II” e “Amici miei Atto III, di Mario Monicelli e Nanni Loy; come il professore in vena di rampogne sulla crisi dei tempi de “L’ingorgo”, film di Luigi Comencini, desunto dall’omonimo racconto di Julio Cortàzar. Nel 1970, sposatosi con l’attrice Franca Bettoja, da cui ha i figli Gianmarco e Maria Sole, deluso dalla mancata realizzazione della pellicola di Federico Fellini, “Il viaggio di Mastorna“, che avrebbe dovuto girare in veste di protagonista, commenta a mezzo stampa: “Ci tenevo a fare “Mastorna”; per me Fellini era una bella tappa!. Tuttavia, ho percepito che c’era qualcosa che non lo convinceva abbastanza…Allora sono andato da lui e gli ho detto: “Senti , me lo devi dire se faccio o no il film”…Lui ha risposto vago: “Ma sai , adesso mi è venuto in mente un altro soggetto con tanti protagonisti!…Credo nell’amicizia , nel modo più assoluto. Ho fiducia nelle persone,troppa e, a volte, mi accorgo di essermi sbagliato ; sono un po’ ingenuo!. L’amico è come il compagno di reggimento che,in piena battaglia,ti sta al fianco , pronto a darti una mano. Nel cinema , a Roma?…l’amico non esiste!…Non l’avrai mai al fianco. Caso mai di fronte, pronto a spararti addosso!…Non so cosa sia il successo. Lo sanno coloro che non l’hanno mai avuto. Non si fa in tempo a rendersene conto. E così rapido!…”. Nel ventennio Ottanta/Novanta è ancora interprete per il grande schermo di pellicole realistiche di costume come “La Terrazza” di Ettore Scola, riflessione di un gruppo di amici (“Mario“–Vittorio Gassman, “Amedeo”-Ugo Tognazzi, “Enrico”- Jean Louis Trintignant, “Sergio“–Serge Reggiani, “Luigi”-Marcello Mastroianni) sul tramonto delle ideologie e l’avvento della nuova era del consumismo e “La tragedia di un uomo ridicolo” di Bernando Bertolucci, vicenda di “Primo Spaggiari”, imprenditore, proprietario di un caseificio, impegnato a salvare la sua azienda dal fallimento e la vita del figlio, rapito da una banda di terroristi. Provatosi come regista, dirige a partire dal 1961 e, fino al 1979, le pellicole: “Il mantenuto”, “Il fischio al naso”, “Sissignore”, “Cattivi pensieri”, “I viaggiatori della sera”, dicendo di sé: “Ho stima del mio operato come attore. Costruisco un personaggio identico a tutti, ma che nello stesso tempo è Tognazzi!. E’ un signore che cammina, si muove, ha un certo tempo di espressione quando deve rispondere a certe esigenze psicologiche o sentimentali, a certe situazioni buffe o commuoventi; in quel momento , se piango , piango come piace a Tognazzi!. Come regista invece non credo di essere un genio, se no lo avrei rivelato sin dal primo film!. Mi manca l’invenzione folle, quel minimo talento un po’ pazzo, che trovo indispensabile per il mestiere di regista. Diciamo che so dirigere un film!…”. Trasferitosi a Castel Gandolfo, nella tenuta agricola “La Tognazza Amata”, si dedica alla sua grande passione: la cucina , pubblicando molteplici ricettari , tra i quali: “La mia cucina” e “Afrodite in cucina“, editi da SugarCo e Marlin, e organizzando , per familiari e amici, pranzi e cene luculliani. Tornato al Teatro, sotto la direzione di Giorgio Strehler , recita a Parigi, presso la “Comèdie Francaise”, il dramma pirandelliano “Sei personaggi in cerca d’autore” e in Italia,diretto da Missiroli e da John Dexter , ne “L’avaro” di Molière e nella “Madame Butterfly” di J.Wong. Reduce dalle riprese dello sceneggiato televisivo, trasmesso da Rai Uno, “Una famiglia in giallo”, colpito improvvisamente da un ictus , muore a sessantotto anni, il 27 ottobre del 1990. Appresa la notizia dell sua scomparsa, il critico cinematografico Tullio Kezich scrive sulle pagine de “Il Corriere della Sera : “Ho sempre avuto un’ enorme ammirazione per Tognazzi ,che tra l’altro inizialmente conoscevo in maniera indiretta: quando , negli anni Cinquanta lavoravo a Milano, al settimanale “Settimo giorno”, il mio direttore era amante di una soubrettina che stava nella compagnia di Ugo e, frequentandola mi raccontava bravate di Ugo, che in ogni piazza teatrale aveva la sua cerchia di seguaci e teneva carte. Era una personaggio estremamente ricco, pieno di racconti , di battute , di un umorismo irresistibile: un personaggio che si rimpiangerà molto nel Cinema ,perché sarà difficile trovare un interprete che abbia la sua capacità di godere la vita, in maniera piena e una grande attenzione agli altri. Purtroppo non ho avuto il privilegio di accompagnarlo in Teatro nel suo ultimo lavoro “Madame Butterfly” ,di cui curavo l’adattamento e, in quell’ultimo periodo l’ho trovato appesantito, immalinconito e molto preoccupato della memoria. Quando dimenticava qualcosa del testo,che non era intoccabile come una tragedia di Alfieri, il produttore Lucio Ardenzi gli ripeteva che, con la sua esperienza , aveva la possibilità di rimediare in qualsiasi momento, andando avanti a “braccio” e facendosi seguire dagli altri, ma lui , regolarmente, si bloccava e faceva scena muta. Gli era calato il buio. E faceva male a vederlo, perché era sempre stato un uomo spiritoso, divertente , l’anima di ogni compagnia. Di lui potrei parlare per un giorno intero. Al di là dell’aspetto , insomma, in realtà era un personaggio vulnerabile. Comunque , un grande artista e una grande persona”. Oggi, alla vigilia del trentesimo anniversario della sua scomparsa, ricordandolo, un critico ha scritto: “Tognazzi era un uomo che amava vivere e godersi la vita. La sua filosofia era: siate soli con l’anima e mangiatori col corpo”.
Terribili notizie per gli italiani: con l'arrivo del decreto sicurezza, la Polizia avrà pieni poteri,…
Una nuova e pericolosa truffa minaccia gli utenti di WhatsApp. Le autorità hanno appena lanciato…
Gli Stati Uniti ti stanno dissanguando. Si, è proprio l'America a gestire il flusso delle…
Bonus clamoroso per gli hotel, che ti consentirà di andare in vacanza e di ricevere…
La Conad ha ritirato un prodotto dal mercato con all'interno un vero e proprio rischio…
Il ciclo vizioso dell'auto, un sistema che costringe a indebitarti: L'ipocrisia della "transizione ecologica" e…