Sab. Mar 25th, 2023

È passato un anno da quella che veniva definita una semplice influenza, chi invece invitava a fare i drink, chi diceva di abbracciare i cinesi, insomma, furono spese tante cavolate su un qualcosa che non si sapeva nulla. Un nemico invisibile e sconosciuto.

Era il 20 febbraio 2020, quando l’Italia conosce il suo primo caso accertato di Covid-19. A Codogno, paese nella Bassa Lodigiana, una dottoressa decide di non seguire i protocolli e scopre così l’esistenza del Paziente 1, il 38enne Mattia Maestri. Il giorno dopo si registra il primo morto da coronavirus.

Da quel giorno l’Italia piomba nella tragedia più disastrosa dopo la fine della seconda guerra mondiale. Non era una semplice influenza, per niente. Era un’epidemia che prepotentemente portava via migliaia di persone. I camion militari a Bergamo carichi di morte sono ancora impressi nella menta di ognuno di noi.

Dopo Codogno ormai era già molto tardi, il virus viaggiava comodamente in aereo, nei treni, in autostrada, e si insinuava ovunque c’era gente, infettando a più non posso. Mentre il mondo blocca i voli dalla Cina, il virus ha già oltrepassato tutti i confini. La Regione più ricca d’Italia viene colpita al cuore. L’emergenza sanitaria diventa violenta. Le piccole chiusure mirate, a poco servono, il virus si rivela più violento del previsto. Si sono succeduti dodici mesi di provvedimenti, restrizioni e lockdown. Da quel 20 febbraio 2020 la prima diffusione del virus, poi la “folle” estate 2020, per passare poi alla seconda, e ancor più potente, ondata. E un bilancio che giorno dopo giorno si aggrava e arriva a toccare quota 2.780.882 casi e oltre 95mila vittime. Purtroppo non era una semplice influenza.