Lun. Mag 29th, 2023

È chiaro un po’ a tutti che siamo a un punto di non ritorno. Nei centri vaccinali c’è gente che ha fatto il siero solo perché la vita gli era diventata impossibile per colpa del governo Draghi PD-M5S-Lega-Forza Italia- Italia Viva e Sinistra, che attraverso il green pass hanno imposta un obbligatorietà di fatto. Ormaici sono anche illustri professori, che non vediamo molto in TV, come il professore Francesco Vaia, direttore dell’Istituto per le malattie infettive Spallanzani di Roma, che dal palco di Atreju, come ospite del dibattito dedicato al Covid durante la kermesse di Fratelli d’Italia a Roma, non le ha mandate a dire:

1. Ritiene che occorra fare la terza dose, senza però star lì già a parlare della quarta, quinta o sesta.

2. I dati odierni, mentre il giornale unico del virus semina terrore, non lo preoccupano.

3. Di bambini in terapia intensiva se ne vedono pochi, dunque sulla vaccinazione dei pargoli bisognerebbe andarci coi piedi di piombo.

4. La vaccinazione non va ideologizzata.

“Serve fare la terza dose di vaccino anti Covid – ha spiegato Vaia e comeri porta il blog di Nicola Porro– perché abbiamo bisogno di proteggerci un altro poco dopo i primi 5 mesi dalla seconda dose, ma non voglio arrivare a ‘vaccino e cappuccino’, per cui facciamo una quarta, una quinta, una settima dose a colazione, senza però migliorare i trasporti, la scuola, senza cioè fare niente altro perché tanto ci vacciniamo”. Perché va bene sottoporsi alla campagna vaccinale, ma che sia trasparente e senza ultras. Qualche mese fa ci avevano assicurato che due dosi sarebbero bastate a farci “guarire” (ricordate il titolo del libro di Speranza?), poi sono diventate tre. All’inizio la copertura immunitaria durava a lungo, poi sei mesi, ora solo 5 e crolla al 39%. Secondo Vaia, “la soluzione deve trovarla la politica, assumendosi le sue responsabilità e spronando le case farmaceutiche ad aggiornare al più presto il vaccino, per farlo una sola volta all’anno. Questa è la strada”.