Vanno aiutati i piccoli giornalisti per garantire il pluralismo dell’informazione

ROMA- Da quando sono un giornalista non ho mai voluto scrivere un editoriale sulla categoria. Adoro questo lavoro, ma prendo atto che non ti fa vivere. La nostra è una categoria che si divide in due, da una parte ci sono i privilegiati, dall’altra troviamo un esercito di disperati.

Vanno aiutati i piccoli giornalisti per garantire il pluralismo dell’informazione

ROMA- Da quando sono un giornalista non ho mai voluto scrivere un editoriale sulla categoria. Adoro questo lavoro, ma prendo atto che non ti fa vivere. La nostra è una categoria che si divide in due, da una parte ci sono i privilegiati, dall’altra troviamo un esercito di disperati. Tutti però fanno parte del mondo dell’informazione, e tutti si chiamano giornalisti.
Nulla contro nessuno, per carità, chi è stato fortunato è fortunato. Ma spesso mi rendo conto che la meritocrazia è una chimera, non fa niente, è l’Italia che cammina così. Ma chi deve difendere questo esercito di disperati che ogni giorno vuole continuare a scrivere, ma ormai non ci sono più giornali per farlo?
Spesso mi baso sulla mia esperienza personale per catalogare l’intera categoria. Scrivo per passione perché mi piace fare il giornalista. È una passione che spesso è anche difficile descrivere. Io, dopo un girovagare di qua e di là, alla fine per continuare a scrivere ho dovuto aprirmi un giornale online, altrimenti l’avventura in questo meraviglioso mondo sarebbe finita da un pezzo. Un discorso che non vale solo per me, ma per tanti altri colleghi che hanno dovuto percorrere la mia stessa strada per continuare a vedere un articolo pubblicato.
Ma non abbiamo fatto altro che ingolfare tutto, e tutti oggi siamo sulla stessa barca: scriviamo per niente. Non riusciamo a vivere di questo lavoro. Anzi, questo lavoro inizia a crearci numerosi problemi che, spesso, ci inducono a chiederci perché lo facciamo. La risposta è sempre la stessa: per passione, ma di passione purtroppo non si vive.
Noi esercito di disperati, però, manteniamo vivo il pluralismo dell’informazione. Perlomeno noi riusciamo a raccontare fatti che altri non raccontano. Siamo noi piccoli che riusciamo a mandare al lettore un’informazione equilibrata e libera, a differenza dei grandi organismi dell’informazione nazionale. Riusciamo a dare parola a tutti, al fine di far arrivare la verità ai lettori. Ma tutto questo non viene ripagato da nessuno, e ogni giornalista pubblicista deve arrangiarsi come può per cercare di vivere e mantenere a proprie spese qualcosa che ha creato.
Sarebbe il caso che le istituzioni tutte, il nostro ordine, concentrino più attenzione a questo esercito di disperati, che arricchiscono e fanno grande il giornalismo italiano. Noi abbiamo bisogno di risorse, non esagerate, ma quelle minime che riescono a mantenere viva una piccola redazione. Non è niente rispetto ai milioni di euro che sono garantiti ed erogati ai grandi organi d’informazione cartacei. A noi basta paco per continuare a portare avanti la nostra passione per il giornalismo, e dare la possibilità ad altri disperati di poter avere a disposizione uno strumento per continuare a scrivere. Se noi chiudiamo, è chiaro che in Italia viene meno il pluralismo dell’informazione, e l’informazione sarebbe talmente pilotata che non avrebbe più senso nemmeno essere giornalisti.
Noi da soli non possiamo farcela, siamo destinati a fallire tutti, se non siamo aiutati da chi vuole veramente che l’informazione sia il pilastro della democrazia.
Francesco Torellini