ROMA- Il movimento è nato in una piazza attraverso il vaffa, poi piano piano è diventato quello che è ora. Il suo successo è l’insuccesso generale della politica. I voti presi cinque anni fa, e quelli presi il 4 marzo, tanto da arrivare al governo del paese, sono considerati solo voti di protesta e nient’altro. La verità arriva alle ultime amministrative. Un tonfo che spiega il sentimento di protesta del popolo italiano nei confronti dei partiti tradizionali, che finora hanno fatto politica solo per se stessi, ma che non è uguale nelle realtà locali.
Il fatto che il movimento nel locale è ignorato, la dice lunga sul futuro del movimento stesso. Quando sarà passata l’ondata di disprezzo verso la vecchia politica, anche per il movimento ci sarà la stessa sorte di tanti altri partiti che sono nati, hanno avuto il successo, ma poi sono spariti in un giro di pochissimi anni, massimo dieci. Sulla scena politica italiana sono apparse tante sigle che sono riuscite a conquistare l’interesse dell’elettorato, ma poi sono finiti nella palude perché figli di una vecchia logica politica di spartizione.
La poderosa campagna di fundraising a caccia di risorse e donazioni per finanziare la campagna per il 4 marzo, nulla o quasi è rimasto per le amministrative locali. Tanti che tutti si sono sentiti abbandonati. Nel locale la situazione è pietosa. Nessuno riveste i panni del grillino, se non piccolissimi gruppi che, spesso, vengono anche isolati dalla stessa comunità. Un segnale alquanto anomalo per un movimento che oggi guida la nazione insieme alla Lega.
Dopo il disastro delle urne del 10 giugno, nel Movimento si fa strada l’idea di creare a una struttura per la gestione dei gruppi locali, gli ex Meet up ora ridotti a un puzzle di comitati elettorali senza nemmeno una sede. L’accentramento del potere nelle mani del quartiere generale milanese, i gruppi locali sono diventati sempre più litigiosi, aprendo faide tra correnti rivali, e invece di essere una risorsa sono diventati una grana per il movimento, tanto da spingerlo alle ultime amministrative a non concedere il simbolo in molti comuni. L’associazione Rousseau potrà contare su fondi che ogni mese saranno versati da ogni parlamentare, mentre in periferia la mancanza di fondi si è fatta sentire. Senza sedi, con campagne portate avanti da piccole donazioni locali, nei comuni non è bastato qualche raro comizio dei big per radicare i consensi. È un netto fallimento del M5S, che lascia credere che ai capi interessa vincere le nazionali o magari in qualche regione, e quello che sono le realtà locali non interessa per niente.
La pecca del movimento sta nel fatto che lavora nella restituzione di parte degli stipendi dei parlamentari nazionali per poi versarli nel cosiddetto fondo presso il ministero del tesoro dimenticando che per fare politica ci vogliono soldi, anche un minimo, ma ci vogliono. Quindi tenere aperte le sedi non è un lavoro che possono fare le persone che si impegnano per il movimento, specialmente in questo momento di crisi economica per tutti, ma lo devono fare i vertici. Quindi sarebbe più giusto prendere una parte di quei soldi che si versano nel conto al ministero e darli a chi invece anche per far stampare un manifesto e farlo attaccare deve fare una colletta. Lavorano per il movimento e non certamente per questioni personali. Ciò si traduce in benefici per pochi che raggiungono il vertice mentre gli altri lavorano e non sanno racimolare spiccioli per portare avanti le sedi. Con queste ragioni ormai è assodato che il movimento avrà vita breve. E se non riescono a fare le cose che hanno promesso in campo nazionale, la vita sarà ancora più breve.
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