ROMA -La Corte dei conti ieri non ha fatto altro che ribadire quella che è un’antica stortura del nostro sistema fiscale ideato apposta per scoraggiare il miglioramento della condizione economica individuale, ma per tenere tutti soggiogati in uno stato di semi-povertà, all’avvicinarsi dei 35mila euro di reddito annuo lordo l’Irpef «divora» tutto il guadagno riportando il contribuente indietro. Le politiche fiscali imposte dall’austerity hanno ucciso la classe media. In Italia, ha segnalato ieri la Corte dei conti nella presentazione del Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica, «oltre il 35% del gettito è assicurato da meno del 5% dei contribuenti, collocati negli ultimi due scaglioni di imposta», mentre «il 44% dei soggetti rientranti nel primo scaglione contribuisce, invece, al gettito per poco più del 4 per cento».
Purtroppo solo ora la corte dei conti si accorge di quanto sia impossibile vivere in questo paese. lavorare per ben sette mesi per lo stato e la restante parte per se, alimenta solo difficoltà per i cittadini. L’effetto ha portato alla scomparsa del ceto medio. La classe media ogni giorno muore così, sotto i colpi del fisco italiano. Più della metà della popolazione che non riesce a fare più nulla con quello che guadagna, e deve rinunciare a tutto, anche curarsi, pur di evitare che lo stato ti porta via tutto.
I magistrati contabili hanno auspicato «una riforma strutturale del sistema fiscale abbandonando la logica degli aggiustamenti al margine». Al contrario, pur non dichiarandosi contraria al reddito di cittadinanza, la Corte ha evidenziato che «l’obiettivo di aiutare una congrua quota di poveri assoluti richiederà un importante sforzo finanziario supplementare, rispetto a risorse che pure sono cresciute in misura incoraggiante».
Al di là delle considerazioni della corte dei conti, va detto che in Italia ormai sono ben 18 milioni di persone si avviano alla povertà, con un mezzogiorno dove la metà della popolazione è a rischio povertà. Tutto si racchiude nella enorme pressione fiscale gravato da una mancanza di lavoro asfissiante.
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