Gigi Proietti: “Attore amante dell’umanità”

Estate 1982. Roma, via Merulana. All’interno del Teatro Brancaccio, l’attore Gigi Proietti sta terminando i provini per la sua scuola di esercitazioni sceniche. Seduto in platea, con accanto la direttrice artistica della sala, l’attore attende l’ingresso dell’ultimo ragazzo da esaminare.

Gigi Proietti: “Attore amante dell’umanità”

Estate 1982. Roma, via Merulana. All’interno del Teatro Brancaccio, l’attore Gigi Proietti sta terminando i provini per la sua scuola di “esercitazioni sceniche”. Seduto in platea, con accanto la direttrice artistica della sala, l’attore attende l’ingresso dell’ultimo ragazzo da esaminare. “Martellini Manuel!…Vieni, vieni…a quanto pare tocca a te…sei l’ultimo…ma, magari chi lo sa?, ti dice bene…come diceva qualcuno: “Gli ultimi saranno i primi”!…”, ironizza Proietti, cercando di mettere a suo agio l’aspirante attore, visibilmente teso. “Allora, Manuel…cosa ci fai ascoltare?…”, domanda l’attore. “Il monologo di Amleto: “Essere o non essere”…”, risponde con voce flebile, il ragazzo, poco più che ventenne. “Amleto?…impegnativo per la tua età…sei giovanissimo…non ti chiedo il perché di questa scelta…non voglio farmi condizionare…Voglio ascoltarti e sono sicuro che troverò la risposta…Vai ,Manuel!…”, lo incoraggia Proietti, che , dopo aver ascoltato il monologo, prorompe in un : “Bah…Manuel, cosa vuoi che ti dica?…tecnicamente era buono…ma il problema è un altro…”, constata l’attore, spiegando: “…Vedi Manuel, bisogna partire dal presupposto che il Teatro è finto, ma non falso…per recitare bene, un attore deve essere verosimile…Voglio dire…insomma, Manuel: ce devi credere in quello che dici, in quello che rappresenti!…Te, devi credere di essere Amleto pe’ davvero…e, per esserlo, dovresti avere qualche vissuto in più sulle spalle…Quello che sto crecando di dirti ,Manuel, e me piacerebbe dirtelo senza incartarmi e incespica’ come sto facendo…è che te sei bravo, se vede, ma sei troppo giovane pe’ ‘sto ruolo…Non so,se avessi recitato un altro monologo…Anzi, sai che ti dico?, siccome sei l’ultimo e io ho finito i miei provini, ti do ancora tre giorni di tempo per preparare un altro brano, stavolta magari più adatto alla tua età…”. “Gigi, scusa , ti posso parlare?…”, lo interrompe l’assistente con tono concitato, invitandolo ad allontanarsi: “A Gi’, ma che tre giorni e tre giorni! …noi, massimo domani mattina ,dobbiamo chiudere la selezione…Te, c’hai la tournèe estiva, che te sei dimenticato?…”. “Eh, cara mia, gli anni passano per tutti , che te credi?…Va be’, ma un giorno me sembra davvero poco per prepararsi…Mo’ come glielo dico?”, si domanda Proietti, rivolgendosi poi all’attore,”…Manuel…io un’altra possibilità te la darei,ma il fatto è che i tempi sono stretti e tu ti dovresti preparare in meno di un giorno…tra stasera e domani…Te la senti?…Va be’, se però me guardi così…io non ci riesco!…facciamo una cosa : io domani pomeriggio parto per la tournèe estiva, la prima tappa è a Firenze…te, mi raggiungi là tra tre giorni, così hai tutto il tempo per prepararti e il provino lo rifacciamo tra una pausa e l’altra dello spettacolo, che ne pensi?…”. “E che ne penso?…Grazie, Maestro!…”, esclama l’aspirante attore, mentre l’assistente di Proietti, agitata prorompe: “‘A Gi’, e lo sapevo!…ma possibile che te non ti disimpegni mai?…”. “Disimpegna’?…che vuol di’?…oh, guarda che io “sono” un attore, non “faccio” l’attore…e per me ‘sti ragazzi so’ er futuro der Teatro,dello Spettacolo…”, constata Proietti, chiosando: “Oh, e poi cosa vuoi che ti dica? …io, a fa’ er cinico proprio non ce la faccio…proprio non ce riesco, perché io so’ attore,ma n’attore amante dell’umanità!…”.
“Ringraziamo Iddio, noi attori, che abbiamo il privilegio di poter continuare i nostri giochi d’infanzia fino alla morte,che nel Teatro si replica tutte le sere”. Così, l’attore Gigi Proietti, nel corso di un’intervista televisiva rilasciata qualche tempo fa. Nato a Roma, il 2 novembre 1940, da Romano, originario di Porchiano Del Monte(Terni) e da Giovanna , reatina di San Clemente di Leonessa, Luigi, detto “Gigi”, cresce insieme con la sorella in un’abitazione in via Giulia, taversa di via Sant’Eligio, strada nota per aver dato i natali all’attore Ettore Petrolini. Bambino vivace, già all’età di quattordici anni, riesce a procurarsi un ruolo da comparsa nella pellicola di Vittorio Duse “Il nostro campione” e a diciotto, conseguita la maturità Classica presso il Liceo Augusto, si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università “La Sapienza” per assecondare un desiderio dei genitori: in realtà è attratto dallo spettacolo, che lo irretisce, lo seduce e lo ammalia, tenendolo lontano dai molteplici faldoni di Diritto da mandare a memoria. Cantante e strimpellatore di chitarra , contrabbasso , fisarmonica e pianoforte , ingaggiato con il suo complesso dal gestore di un night club, inizia , quindi, una carriera da chansonnier. Negli anni Sessanta, poi, poco più che ventenne, frequentato presso il Centro Universitario un corso din Mimica diretto da Giancarlo Cobelli, debutta interpretando piccoli ruoli in pièce d’avanguardia scritte da Ercole Ratti e Luigi Malerba, quali: “Can Can degli Italiani” e in drammi musicali come: “Oh, com’è bello sentirsi” di Ennio Flaiano. Componente de “Il Gruppo sperimentale 101“, guidato tra gli altri da Antonio Calenda e Andrea Camilleri, nel 1964 viene scritturato dal regista Giuseppe Di Martino, che gli affida il suo primo ruolo “importante” ne “Gli Uccelli“, commedia di Aristofane, autore del V secolo a.C. Nel vivo della Contestazione , divenuto “attore protagonista”, dà vita presso il Teatro stabile dell’Aquila, a un’indimenticabile stagione, recitando in drammi come : “Il Dio Kurt” di Alberto Moravia, e “Operette” di Witold. Doppiatore per il Cinema, presta la voce a “Gatto Silvestro” in una serie di film d’animazione prodotti dalla “Warner Bros“nel 1967, anno nel quale si fidanza con la compagna di una vita, la guida turistica svedese Sagitta Alter , da cui ha le figlie Susanna e Carlotta, e compare al fianco dei “giganti” del Teatro, Vittorio Gassman e Carmelo Bene, nella pellicola psicanalitica di Franco Indovina “Lo scatenato” e nel film “L’urlo“, diretto dall’esordiente Tinto Brass. Truffatore senza scrupoli in un episodio dello sceneggiato televisivo Rai “Il circolo Picwick“, adattamento dell’omonimo ciclo di racconti di Charles Dickens, per il quale compone e canta la canzone-sigla “La ballata di Picwick“,accompagnato alla chitarra da un semisconosciuto Lucio Battisti, raggiunge la popolarità soltanto nel 1970, grazie alla commedia musicale di Garinei e Giovannini “Alleluja brava gente”. Convocato dai fondatori del Teatro Sistina a un mese dalla messa in scena , per via del forfait improvviso dato dal “cantattore” Domenico Modugno non troppo in sintonia con il collega Renato Rascel, canta, balla e recita accanto a quest’ultimo , nei panni del picaro-ladrone “Ademar”. Nello stesso anno, il regista Mario Monicelli, conquistato dalla vis comica e dalla presenza scenica dimostrate nella performance teatrale, gli attribuisce un ruolo di “carattere” nella pellicola, seguito de “L’armata brancaleone”, “Brancaleone alle Crociate”. Cavaliere trasteverino in lotta contro i Turchi nel film di Marcello Ciorciolini, desunto dal poema eroicomico di Giuseppe Berneri , “Meo Patacca” e patriota della Carboneria giustiziato e sotratto all’amore dell’inquieta “Tosca”(Monica Vitti), in “Tosca”,rilettura in chiave satirica dell’omonimo melodramma di Giacomo Puccini, realizzata dal regista Luigi Magni, nel 1974 ritorna in teatro , recitando accanto a Vittorio Gassman e a Carmelo Bene nel dramma di Sem Benelli “La cena delle beffe“. Passato con disinvoltura dall’interpretazione dell’avido “Avvocato Mazzacolli”,seduttore per venalità della “Contessa Tommaselli”(Irene Papas) e della figlia autistica di lei “Carlotta”(Therese Ann Savoy), in “Le farò da padre” di Alberto Lattuada, a quella di macchiette e personaggi scanzonati come : “il ladruncolo”e “il conquistatore infelice”, impersonati nella rubrica radiofonica Rai “Gran Varietà“, nel 1975 è tra i volti della trasmissione televisiva, diretta da Antonello Falqui, “Fatti e fattacci”,ruotante intorno a una compagnia di saltimbanchi. Mattatore dello Spettacolo teatrale,ideato e scritto da Roberto Lerici, “A me gli occhi,please”, nel 1976 , ogni sera, per quattro mesi, presso il Teatro Tenda , sito in Piazza Mancini, a Roma, incanta e commuove una platea di duecentocinquantamila spettatori, tra cui non passano certo inosservati il regista Federico Fellini e l’attore, rgista e drammaturgo partenopeo Eduardo De Filippo. Simpatica canaglia con l’ossessione per le scommesse ippiche nel film di Steno “Febbre da cavallo“, nel 1978 istituisce nella Capitale un “Laboratorio di esercitazioni sceniche“, in cui insegna il “mestiere dell’attore” a un manipolo di belle promesse (Enrico Brignano, Flavio Insinna, Rodolfo Laganà, Francesca Reggiani, Nadia Rinaldi), rivelatesi tutt’altro che tradite. Sul finire del decennio “di Piombo”, varcati i confini del territorio italiano, viene scelto dal regista hollywoodiano Robert Altman per interpretare il rampollo di una ricca famiglia italo-americana , “Dino Corelli”, prossimo alle nozze con l’altrettanto agiata “Buffy Benner”(Mia Farrow), nella pellicola tragicomica “Un matrimonio“. Negli anni Ottanta, intrattenitore nei varietà televisivi “Fregoli” di Paolo Cavaro e “Fantastico” di Enzo Trapani, affina l’arte del doppiaggio, imprestando la voce ai divi: Robert De Niro, Dustin Hoffman, Silvester Stallone, Marlon Brando, Richard Burton, George Segal e Michel Piccoli. Incoronato “Re degli sceneggiati televisivi”, nel decennio Novanta conquista gli spettatori del primo canale della Rai, impersonando nell’ordine: un padre separato , pronto a tutto pur di avere in affidamento un figlio conteso, in “Un figlio a metà” di Giorgio Capitani, un romano immigrato a New York , raggirato e trovatosi a gestire un ristorante sull’orlo del fallimento, in “Italian Restaurant” dello stesso Capitani e un Maresciallo dei Carabinieri vedovo con figli, alle prese con indagini su delitti efferati e grattacapi sentimentali, ne “Il Maresciallo Rocca”, diretto, fra il 1996 e il 2008, dai registi Giorgio Capitani, Lodovico Gasparini, Josè Sànchez e Fabio Jephcott. Concessosi delle brevi parentesi nella pubblicità (tra le altre,quella di una nota ditta produttrice di caffè) e nella musica (partecipa,infatti, al “Festival di Sanremo”,insieme con Peppino di Capri e Stefano Palatresi, presentando il brano evocativo della sua esperienza da cantante di locali notturni, “Ma che ne sai…(se non hai fatto il pianobar)”,nel 1997 interpreta per Canale5, rete ammiraglia Mediaset, un legale anticonvenzionale, nello sceneggiato “L’avvocato Porta” e un architetto retrivo ,che avversa la figlia nel suo proposito di sposare un uomo di colore, in “Un nero per casa“. Chiuso il decennio di Tangentopoli, delle stragi mafiose e della nascita dell’Unione Europea con un Nastro d’Argento ,vinto per l’eccellente doppiaggio dell’attore Robert De Niro, nel film “Casinò“, anche nei primi quattordici anni del nuovo millennio dimostra di essere un mattatore indomito. Direttore artistico dei teatri romani “Brancaccio” e “Toti Globe Theatre“,protagonista di one-man-show teatrali sbanca botteghino come “Buonasera…varietà di fine stagione“, “Di nuovo buonasera” e “Di nuovo buonasera a tutti“, regista di opere liriche quali: “Nabucco” di Giuseppe Verdi e “Carmen” di Georges Bizet, caratterista in commedie cinematografiche firmate da Carlo Vanzina( “Febbre da cavallo”, “Le barzallette”, “Un’estate al mare”, “Un’estate ai Caraibi“) e interprete di fiction Rai sulle vite di santi (San Filippo Neri in “Preferisco il Paradiso“) , di truffatori (“Il signore della truffa“) e di giornalisti dal passato turbolento (“Una pallottola nel cuore“), nel 2013 pubblica con la casa editrice “Rizzoli” l’autobiografia “Tutto sommato qualcosa mi ricordo“, definito: “Un lavoraccio infame, una chiacchierata sul passato”, in cui, secondo i critici, “Si intrecciano le gioie delle vite e quelle del palcoscenico,lasciando sempre sullo sfondo Roma, città eterna, fragile, tragica e ironica, cinica e innamorata”. Ritenuto dagli addetti ai lavori: “Un genio, un maestro del Teatro, capace di contaminare senza pregiudizi, la “cultura alta” con le macchiette, gli scioglilingua, le canzoni, le pochade e le barzellette mimate”, sempre attento a non prendersi troppo sul serio, fra il 2014 e il 2019 conduce il programma “Cavalli di battaglia” e partecipa come giudice ai varietà “La pista” e “Tale e quale Show” e come narratore al ciclo di trasmissioni documentaristiche di Alberto Angela “Ulisse-Il piacere della scoperta”. Conduttore dell’evento inaugurale di Matera capitale europea della Cultura 2019, direcente, ha preso parte al film di Matteo Garrone “Pinocchio“, nel ruolo di “Mangiafuoco”. Ricoverato da alcune settimane presso la clinica Villa Margherita per problemi cardiaci, si è spento il 2 novembre scorso, all’alba del suo ottantesimo compleanno. Omaggiato da colleghi e amici, nel rispetto delle norme anti Covid19, con un saluto presso il Campidoglio e il Globe Theatre di Villa Borghese,e con una cerimonia in forma privata nella chiesa degli Artisti di piazza del Popolo, trasmessa in diretta televisiva su Rai Uno,è stato così ricordato dall’attore Pierfrancesco Favino: “Però ‘n se fa così, tutto de botto. Svejasse e nun trovatte, esse de colpo a lutto. Sentì drento a la panza strignese come un nodo. Sape’ che è la mancanza e nun avecce er modo de ditte grazie a voce pe’ quello che c’hai dato pe’ quello che sei stato. Perché te sei inventato un modo che non c’era de racconta’ la vita e ce l’hai regalato così un po’ all’impunita, facendo crede a tutti che in fondo eri normale, si ce facevi ride de quello che fa male, si ce tenevi appesi quando facevi tutto. Parla’, balla’, canta’, pure si stavi zitto. Te se guardava Gi’, te se guardava e basta come se guarda er cielo, senza vole’ risposta. All’angeli là sopra faje fa du risate, ai cherubini imparaje che so’ le stornellate, Salutece San Pietro, stavolta quello vero, tanto gia’ ce lo sanno chi è er Cavaliere Nero”.