Estate 2021. Verona. All’interno dell’Arena, l’attore Jerry Calà sta provando alcuni brani che canterà nello spettacolo “Buon compleanno, Jerry!”, organizzato per festeggiare i settant’anni di età e i cinquant’anni di carriera. Seduto in prima fila, il tecnico delle luci controlla l’illuminazione della scena, incastonata sul fondo dell’anfiteatro, quando, dalle quinte, attraverso un micorfono, collegato a un altoparlante posizionato sul palcoscenico, giunge una voce indistinta che sembra lamentarsi con un vicino: “Tu capisci che strazio?…cioé, non solo devo assistere allo spettacolo, ma devo anche recensirlo…cosa ci sarà poi da recensire?…Sicuramente si tratterà delle solite cose: gli stessi aneddoti già raccontati mille volte nei programmi televisivi, le solite canzoni…Che poi: cosa avrà da raccontare?, a parte gli inizi con il cabaret e con i “Gatti di vicolo Miracoli”, solo commedie all’italiana…, per carità , carine, se paragonate ai film di “cassetta” di oggi, ma non certo dei capolavpori!…Poi, sempre il solito ruolo da giovanotto immaturo alla “Vado a vivere da solo”….”. “E no , scusate, ma ditemi che è uno scherzo!…”, prende la parola Calà, approfittando di una pausa della voce, ancora ignota, “No, ma ho sentito bene?…Quindi io sarei un attore di serie B?…E sì, certo, questa è la solita storia!…sì, perché : se è vero che io recito sempre negli stessi ruoli, è altrettanto vero che i critici dicono e scrivono sempre le stesse cose…e soprattutto sono animati sempre dal solito pregiudizio…Come se poi far ridere la gente fosse una cosa facile…Altro che facile!…è l’impresa più difficile…perchè spesso, anzi, nella maggior parte dei casi, un comico deve ribaltare una situazione drammatica cogliendone l’aspetto ridicolo, grottesco, in modo da divertire e risollevare gli animi degli spettatori…”. “Ma cheeee!, non dirmi che Calà mi ha sentito?…ma niente niente qua dietro c’era un microfono acceso?…”, si domanda il critico televisivo e teatrale, accortosi di essere stato ascoltato, prima di uscire dalle quinte per scusarsi: “Oh mi scusi, Calà!…io volevo dire che lei è stato sottovalutato dai registi e dai produttori e che avrebbero dovuto accordarle maggiore fiducia, anche nel genere drammatico, intendo…Così, sarebbe stato un attore completo!…”. “‘A, Je’, ma che lo stai pure a senti’ a quello!…ma nun glie dà retta!…”, esclama dalla platea il tecnico delle luci, chiosando: “‘Sti critici so’ tutti uguali…criticano perché avrebbero voluto recita’ pure loro oppure fa’ i registi e nun ce so’ riusciti…’A, Je’, t’ho dico io: te, sei un grande pure nel drammatico!…Prendi per esempio la scena finale di “Sapore di mare”, quando er personaggio tuo, dopo tanti anni, rincontra Marina Suma, ma come la guardi, ‘a Je’?, co’ tutto er rimpianto de’ n’amore interrotto, che poteva esse ‘n’grande amore e non è stato, ne vogliamo parla’?…io, ogni volta che lo rivedo, c’ho certi brividi!…’A signor critico…e se non è bravura questa, de passa’ in un attimo dal comico alla drammatico, come me la chiami?…”.
“La comicità nasce da una situzione tragica: uno cade su una buccia di banana e si fa male. A noi comici tocca la fatica di ribaltare la tragedia in commedia, la battuta per noi è un’ossessione. Forse è per questo che ci viene facile interpretare ruoli drammatici, perché abbiamo uno sforzo in meno da fare. Gli attori drammatici, invece, devono fare uno sforzo in più”. Così, l’attore, regista e cantante Jerry Calà, in un’intervista rilasciata qualche tempo fa, a un quotidiano, a proposito della comicità e della funzione dell’attore comico. Nato a Catania il 28 giugno 1951, da Salvatore, ferroviere, e da Maria Rosa Fichera, casalinga, Calogero Alessandro Augusto, questo il nome completo dell’artista, a due anni, per via del lavoro del padre, si trasferisce con la famiglia a Milano dove frequenta le scuole Elemenatari e poi a Verona, dove si diploma presso l’Istituto Superiore Aleandro Aleandri, sebbene ,nei quattro anni precedenti, avesse frequentato il liceo Classico Scipione Maffei. Proprio a Milano, però, prende il soprannome di “Jerry” ,datogli da alcuni compagni di scuola, per via delle sue imitazioni dell’attore comico Jerry Lewis, e che conserva nel periodo veronese nel quale entra in diversi gruppi musicali beat come i “Pick-ut” e “Le Ombre“, e nel gruppo teatrale e canoro Studio 24. Poi, diplomatosi, si trasferisce a Bologna per frequentare la facoltà di Lettere Classiche, che, non termina per intraprendere la carriera artistica. Infatti, tornato a Verona, fonda con alcuni amici (Umberto Smaila, Nini Salerno, Franco Oppini, Gianandrea Gazzola e Spray Mallaby), conosciuti nel corso dell’esperienza di Studio 24, il gruppo comico de “I Gatti di Vicolo Miracoli“, con il quale si trasferisce ,dapprima, a Roma e ,poi, a Milano, dove, notato dal conduttore e autore televisivo Cino Tortorella, viene lanciato dal locale di cabaret “Derby”. Tuttavia, la pololarità arriva nel 1977 con la partecipazione al programma televisivo Rai “No stop” diretto da Enzo Trapani. Incisi alcuni singoli come : “Prova”, “Capito?” e “Ciao“, tratti dai tormentoni televisivi, il gruppo, nel 1980, debutta al Cinema nei film di Carlo Vanzina, “Arrivano i gatti” e “Una vacanza bestiale“, nei quali si evidenzia il talento di Calà. Quindi, lasciati “I Gatti di Vicolo Miracoli“, dopo la pellicola di Carlo Vanzina “I fichissimi“, interpreta per tutto il decennio diversi film di successo, quali: “Vado a vivere da solo” di Marco Risi, “Al bar dello sport”di Francesco Massaro, in cui è “Parola”, un giovane sordomuto (la cui interpretazione convince i critici, fino ad allora scettici sulle sue doti),”Sapore di mare”, “Vacanze di Natale”, e “Vacanze in America”, “Yuppies-I giovani di successo”, tutti diretti da Carlo Vanzina, “Yuppies2″, di Enrico Oldoini, “Domani mi sposo” di Francesco Massaro, “Un ragazzo e una ragazza” e “Colpo di fulmine” di Marco Risi, “Il ragazzo del Pony Express” di Franco Amurri, “Rimini Rimini” di Sergio Corbucci, e “Fratelli d’Italia” di Neri Parenti. Cimentatosi anche nella serialità televisiva con “Professione vacanze“, nel 1991, non rinnova il contratto con il produttore Aurelio De Laurentiis, abbandonando il filone dei “cinepanettoni”, ma non la commedia: recita infatti nella pellicola “Abbronzatissimi” di Bruno Gaburro, non facendosi mancare neppure il cinema d’autore con un ruolo nel film di Marco Ferreri “Diario di un vizio“, per il quale si aggiudica il premio della critica italiana come “migliore attore” al Festival internazionale di Berlino e ottiene le recensioni lusinghiere di Natalia Aspesi e di Aldo Grasso. Deluso però dal non largo consenso di pubblico, torna alla commedia, girando “Abbronzatissimi 2-Un anno dopo“, diretto sempre da Gaburro. Nel 1994, abbandonata la regia di un documentario sull’allora leader della Lega Nord, Umberto Bossi, dal titolo: “Il Longobardo“, dopo qualche dubbio iniziale, dirige la pellicola “Chicken Park“, parodia di “Jurassic Park” di Steven Spielberg, presentata al Fantafestival di Roma e divenuto un vero e proprio film di culto . Durante la fase di montaggio della pellicola,però, rimane coinvolto in un incidente automobilistico a Verona, sul lungàdige, nel quale rischia la vita per via della rottura dell’arteria femorale. Operato d’urgenza all’ospedale di Borgo Trento, rimasto per sei mesi sulla sedia a rotelle, ritorna a camminare solo nel 1995, anno nel quale cura la regia del suo secondo film, questa volta dai toni drammatici, “Ragazzi della notte“, ambientato nelle discoteche sul Lago di Garda, cui segue “Gli inaffidabili“, interpretato con il gruppo ritrovato de I Gatti di Vicolo Miracoli. Negli anni Duemila, allontanatosi dai set cinematografici, si dedica alla musica e all’intrattenimento, portando in giro per l’Italia, nei locali, nelle piazze e nei teatri, spettacoli come: “E mi ritorni in mente” e “Gran Calà-Anni ‘60″. Debuttato anche in palcoscenico con il riadattamento della pellicola “Amici miei” di Mario Monicelli, interpretata al fianco dei colleghi-amici di sempre, Franco Oppini e Nini Salerno, torna a recitare per il piccolo schermo nei film per la Tv “Non chiamatemi papà”, diretto da Nini Salerno e “Amici di ghiaccio-Death Run” di Curt M. Faudon e nella serie Mediaset “Anni ’60“, diretta da Carlo Vanzina. Nel 2006 , a distanza di nove anni dall’ultimo film, gira e interpeta la commedia “Vita Smeralda“, cui segue “Torno a vivere da solo” ,secondo capitolo della pellicola del 1981. Successivamente, alternati gli spettacoli di musica e intrattenimento (“Non sono bello…piaccio!”) al Cinema (“Operazione vacanze” di Claudio Fragasso ed “E io non pago-L’Italia dei furbetti” di Alessandro Capone), pubblica l’autobiografia “Una vita da libidine“, scritta con Tommaso Labranca ed edita da Sperling e Kupfer e acquista un grande seguito sui Social Network, grazie a una serie di videoclip dei suoi singoli , tra i quali: “Un’altra estate che va” e “Un metro indietro“. Premiato al Festival di Taormina con il Premio Cariddi ,nominato Direttore artistico della stagione turistica di Cefalù e, ritrovati I Gatti di Vicolo Miracoli sul seti di “Odissea nell’ospizio“, di recente, ha festeggiato i settant’anni e si appresta a festeggiare i cinquanta di carriera con uno spettacolo all’Arena di Verona intitolato: “Buon compleanno, Jerry!”. Sposato con Bettina Castioni dal 2002, dalla quale nel 2003 ha avuto il figlio Johnny, è rimasto fortemente legato alla prima moglie, la conduttrice Mara Venier. Del cinema, dello spettacolo e della società di ieri e di oggi , ha detto: “Degli anni ’80 manca l’entusiasmo che aleggiava. Erano gli anni del rischio , anni in cui ci si buttava in imprese folli. Gli yuppies avevano tanta voglia di fare. Io negli anni Ottanta recitavo in “Vado a vivere da solo” : c’era voglia di affrancarsi. Oggi, i ragazzi sono troppo protetti, le famiglie sono troppo ingombranti e non danno loro la possibilità di andarsi a conquistare il proprio futuro”.