Estate 1990. Roma, Terme di Caracalla. Nella cavea sull’Aventino, adiacente al tratto iniziale della via Appia, tutto è pronto per lo spettacolo dei “Tre Tenori” : Luciano Pavarotti, José Carreras e Placido Domingo , organizzato in occasione della finale dei Mondiali di Calcio, disputatasi a Roma. Sedute nella prima fila della platea, le più alte cariche dello Stato, seguite, a scalare, da un pubblico di appassionati melomani. Dietro le quinte, invece, a una decina di minuti dall’inizio dello show, le “tre voci del bel canto”, provano per l’ultima volta una delle arie che eseguiranno insieme, quando, verificate l’intonazione e le armonizzazioni, Domingo, si allontana per un contrattempo. Quindi, rimasti soli, Pavarotti e Carreras, iniziano a conversare, spiando il pubblico. “Ciccio, caro, allora, che mi dici?, come va, come stai, cosa ti senti per la serata, andrà bene?…”, chiede Pavarotti a Carreras. “Hola, Chato!…Come vuoi che vada, emozionato ,come sempre da trent’anni a questa parte, ma es una emoctiòn meravigliosa!…del resto, cosa sarebbe la nostra arte senza emozioni?…” , risponde il tenore spagnlo. “Bene, bene…allora, adesso, sai cosa facciamo per stemperare la tensione?…ripassiamo la ricetta dei “tortelli con il ragù”, quelli che faceva la mia mamma!…”, propone il tenore modenese, continuando: “Primo: per fare i tortellini, bisogna stendere la sfoglia all’uovo, poi si riempie con carne di maiale, prosciutto, salsiccia o ,a scelta,mortadella…Secondo: li cuciniamo in brodo, di carne o di cappone, Terzo: li impiattiamo e aggiungiamo al sugo una foglia di basilico e un mio ingrediente segreto: una grattatina di formaggio, rigorosamente Parmigiano Reggiano!…”. “Chato, ma cosa sei, un tenore o un cuoco?…”, domanda Carreras, stupito, “dovresti parlare di note, spartiti, pentagrammi e invece…Senti, pensi che al pubblico piacerà lo spettacolo?…sai, non vorrei ci criticassero per la scelta del repertorio…per l’accostamento della lirica alle canzoni “pop”, intendo!…”. “Ciccio, ma se la musica è buona, cosa importa che sia “pop” o lirica?, è bel canto e basta!…Ciò che conta è che funzioni, che faccia emozionare, sognare o divertire…Piuttosto, tornando ai tortellini, siccome ho capito che il sugo di ragù non ti piace affatto…opterò per una variazione su tema: che ne dici di un sugo semplice, magari alla napoletana?…con dei pomodori del Vesuvio, un filo d’olio e del basilico?…Io lo trovo semplicemente “divino”!…”, descrive il piatto, Pavarotti, subito rimbrottato da Carreras: “Ah, Chato,adesso basta!…Ma come: io ti parlo di una cosa seria e tu continui con le ricette!…Possibile tu non te ne renda conto, che qui, stasera, potremmo anche giocarci la carriera?…”. “Ciccio, scusami sai, ma farsi venire un attacco isterico a dieci minuti dall’inizio dello spettacolo non è certo cosa più sensata che descrivere una ricetta!…E comunque, non l’ho fatto così , tanto per fare: è una tecnica per rilassarsi, per evitare l’ansia…si porta il pensiero lontano dalle preoccupazioni, così la tensione passa in secondo piano!…”, spiega Pavarotti a Carreras, che, ribatte: “Ah, certo che tu , Chato, pur di non ammettere di pensare sempre al cibo, ricorreresti anche alla Filosofia e ai massimi sistemi!…”. “Ciccio, io voglio solo che cantare,che è la nostra vita e la nostra passione, non diventi un incubo!…Voglio dire: siamo qui, alle Terme di Caracalla, in uno scenario magnifico ,che ha più di mille anni di storia, siamo tra i tenori più forti al mondo, per di più, siamo amici e ,quindi, insieme, una forza…perché mai ,allora ,dovremmo avere paura del pubblico?…va bene l’emozione, la tensione, ma la paura del giudizio!…In fondo, se al pubblico piacerà o meno ciò che sentirà, sarà solo una questione di gusto!…Ora, Ciccio, fossi in te, mi rilasserei”, lo esorta Pavarotti, ironizzando: “...anche perché tra un mese saremo in vacanza e allora sì, che ,lontano dal palcoscenico e dagli applausi delle platee per una trentina di giorni, ci sarà da avere paura!…”. “Tu dici, Chato?…”, chiede Carreras con tono ironico. “Certo, Ciccio!…”, risponde Pavarotti, chiosando: “Che ne diresti, dopo il concerto, di un buon panino con la mortadella?…sì, ma, rigorosamente di Modena, eh?!…”.
“Doveva essere attorno alla metà di agosto del 2007, tre settimane prima che Luciano morisse, il 6 settembre. Andai a trovarlo a casa sua, a Modena. Mi accolse a braccia aperte : come stai, Ciccio? Davvero non so il perché, ma mi chiamava sempre così; e io ho risposto salutandolo come al solito: “Hola, Chato!”, più o meno l’affettuoso equivalente spagnolo. Abbiamo parlato di tante cose e quando mi sono alzato per andarmene, Luciano mi ha chiesto: “Ma dove vai adesso?”. “A casa. Ho un aereo da Bologna per Barcellona. Aspetta un momento, che ti preparo un panino al prosciutto per il viaggio. Forse, voleva prolungare il buon sapore dei momenti condivisi”. Così, il tenore José Carreras, in un’intervista rilasciata qualche tempo fa a Il Corriere della Sera. Nato a Barcellona, in Spagna,il 5 dicembre 1946, mostra sin da piccolo un’attitudine alla musica, che lo induce a intraprendere lo studio del canto. Esordito all’età di otto anni, con l’esecuzione alla radio nazionale locale dell’aria “La Donna è mobile”, dal “Rigoletto” di Giuseppe Verdi, qualche anno più tardi, è in scena al Gran Teatre del Liceu, nel ruolo di giovanissimo soprano, nell’opera “El retabio de Maese Pedro”di Manuel de Falla e del monello nel secondo atto de “La Bohème” di Giacomo Puccini ,studiando contemporaneamente al Conservatori Superior de Mùsica del Liceu. Poi, interpretato “Flavio” nella “Norma” di Vincenzo Bellini,si fa notare dalla soprano Montserrat Caballé,che gli propone di cantare accanto a lei in “Lucrezia Borgia” di Gaetano Donizetti, e che ritrova nel 1971 , a venticinque anni, nella versione da concerto della “Maria Stuarda”. Nel 1972, debuttato in America con il ruolo di “Pinkerton” nella “Madama Butterfly”, alterna questo ruolo a quello di “Rodolfo”, ne La Bohémee, (opere entrambe di Puccini), di “Nemorino” ne “L’elisir d’amore” (di Donizetti) , di “Gustavus III” (Riccardo) in “Un ballo in maschera”di Giuseppe Verdi e di “Werther”, nell’opera omonima di Massenet. Quindi, fra il 1974 e il 1979, esordisce allo Staatsoper di Vienna nel ruolo del “Duca di Mantova”nel “Rigoletto”, al Covent Garden ,nelle vesti di “Alfredo”, ne “La Traviata“, (entrambe le opere di Giuseppe Verdi), e al Metropolitan Opera House nei panni di “Cavaradossi” nella “Tosca” di Giacomo Puccini, di “Maurizio” nell'”Adriana Lecouvreur di Francesco Cilea e di “Rodolfo” in “Luisa Miller” di Giuseppe Verdi. Nel decennio Ottanta, invece, è “Don Carlo”, nell’opera omonima, sempre di Giuseppe Verdi, rappresentata in occasione del bicentenario e diretta da Claudio Abbado, “Oronte” ne “I Lombardi alla prima Crociata” di Giuseppe Verdi, “Andrea Chénier” di Umberto Giordano e Luigi Illica, “José” nella “Carmen” di Bizet e “Caino” in “Pagliacci” di Ruggero Leoncavallo. Determinanti, negli anni Novanta, segnati dalla diagnosi di leucemia, poi guarita, gli incontri con i direttori d’orchestra Herbert von Karajan,che lo dirige in “Aida”, “Don Carlo”, “Tosca” e “Carmen”, e Riccardo Muti , con cui incide “Cavalleria Rusticana” di Pietro Mascagni. Formato per alcuni anni un sodalizio artistico e amoroso con la soprano Katia Ricciarelli, con la quale interpreta e registra melodrammi di Giuseppe Verdi e Giacomo Puccini, quali: “Trovatore”, “Bohème”, “Tosca”, “Turandot“, “La Battaglia di Legnano” e i “I due Foscari“, nel 1990 si esibisce in mondovisione dalle Terme di Caracalla ,nello spettacolo passato alla storia come “I Tre Tenori”, insieme con i colleghi e amici Luciano Pavarotti e Placido Domingo, alla vigilia della finale dei Mondiali di Calcio, disputatasi in quell’anno proprio nella Capitale, proponendo per la prima volta una fusione tra musica lirica e pop, destinata a fare scuola e a creare un nuovo genere. A questa esperienza, segue, nel 1992, l’apertura dei Giochi della XXV° Olimpiade, inaugurati cantando con Giacomo Aragall, Teresa Berganza, Montserrat Caballé, l’Inno Ufficiale “Himno a la alegrìa“, mentre nel nuovo Millennio, si esibisce in una serie di concerti, in scenari inusuali, quali: le Guglie del Duomo di Milano o la Piazza degli Scacchi di Marostica. Provatosi anche in generi diversi come la “zarzuela” (foma di teatro musicale spagnolo) e il musical, (incide brani da “South Pacific” di Richard Rodgers e Oscar Hammerstein e “West Side Story” di Leonard Bernstein, Arthur Laurents e Stephen Sondheim), esaltato dai critici per l’espressività del fraseggio e la dizione passionale , negli ultimi anni di carriera, prima del ritiro, deciso nel 2018, perde la fioritura della voce, messa sotto pressione dai ruoli da tenore spinto. Insignito di titoli e onorificenze come quelle di Grande Ufficiale e Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana , su iniziativa dei Presidenti Cossiga e Scalfaro , nel 2016, in occasione del suo settantesimo compleanno e dei cinquant’anni di carriera , celebrati con un concerto al Suntory di Tokyo , al quale partecipano anche i figli Albert e Julia, avuti dalla prima moglie Mercedes Pérez, i nipoti e la seconda moglie Jutta Jager, di sé ha detto: ” La mia è stata una vita in musica. Mi reputo un uomo molto fortunato per tutto quello che l’esistenza mi ha dato e continua a darmi sia a livello professionale che personale. Non mi scordo della malattia durissima che ho affrontato e che ho vinto, ma non posso lamentarmi di nulla. La mia carriera è stata esaltante sotto ogni aspetto, lo è anche oggi. Nel cassetto è rimasto il desiderio di duettare con Maria Callas, non è stato possibile, ma sarebbe stato meraviglioso”.