Per vincere la sfida della crisi editoriale ci vuole una buona industria editoriale
ROMA- La crisi dell’editoria rischia di diventare un tassello negativo per la circolazione della cultura. Un effetto negativo che da molti anni porta indietro un settore che è il pilastro della democrazia e della libertà di espressione.

ROMA- La crisi dell’editoria rischia di diventare un tassello negativo per la circolazione della cultura. Un effetto negativo che da molti anni porta indietro un settore che è il pilastro della democrazia e della libertà di espressione. La crisi colpisce i media tradizionali poiché sono stati sopraffatti dal web. Ma i grandi giornali non hanno capito che il web deve lanciare la notizia e loro fare gli approfondimenti corposi e privi di faziosità. Il pubblico si è disaffezionato perché l’informazione è diventata di indirizzo e non copre il ruolo reale che gli spetta. Il web è diventato non uno strumento proficuo d’informazione, ma una semplice malattia che ha portato alla chiusura del dialogo tra le persone. E il mondo dell’editoria web è offuscata dalla disattenzione dei lettori, che guardano foto e titolo e passano avanti. Non leggono, e non leggere significa non informarsi su tutto in maniera libera.
Anche il settore editoriale dei libri soffre una crisi che sta diventando asfissiante. Su questo settore c’è da dire che i veri editori non esistono più. Esiste più l’editore tipografo. Sì perché un tempo editore significava investire sull’autore, oggi l’editore spicciolo, non tutti, per fortuna, ma la stragrande maggioranza, si limitano a chiedere soldi all’autore per vedersi pubblicare un libro che poi non arriva nel circuito delle librerie come si faceva un tempo. Il libro viene messo nelle mani dell’autore, che se non lo vende da se, resta invenduto perché l’editore non fa nulla, stampa soltanto, insomma, sono dei tipografi.
Tranne i grandi colossi dell’editoria italiana, gli altri, la grande galassia di un’editoria spenta, non fa nemmeno più distinzione tra qualità, solidità, competitività di un testo, ma mette tutto in un calderone pur di stampare e vendere all’autore il libro. Lo stato di salute della cultura di un Paese dipende in larga parte da quello della sua industria culturale, e se questa industria si comporta da tipografo, e poco incentiva chi ha idee capaci di diffondere cultura, perde la scommessa del futuro dell’editoria. È giunto il momento di avere in giro buona editoria, altrimenti la cultura e l’informazione nel nostro paese vanno a farsi benedire.