Paolo Ferrari: “Quello del Dash!”

Primavera 2008. Roma, rione Campo Marzio. Nella monumentale piazza del Popolo, ai piedi del Pincio, l’attore Paolo Ferrari mostra a un amico , venuto apposta da Milano per visitare la Capitale, l’obelisco Flaminio.

Paolo Ferrari: “Quello del Dash!”

Primavera 2008. Roma, rione Campo Marzio. Nella monumentale piazza del Popolo, ai piedi del Pincio, l’attore Paolo Ferrari mostra a un amico , venuto apposta da Milano per visitare la Capitale, l’obelisco Flaminio. Fermatosi dinanzi all’imponente scultura, attira l’attenzione di un gruppo di universitari bolognesi in trasferta nella Città eterna. “Ma sì, ti dico, è proprio lui, è proprio lui, quello della pubblicità del Dash!…”, esclama un ragazzo della compagnia , rivolgendosi a un suo amico. “Mò , c’hai proprio ragione!…è quel signore vestito da angelo custode che porge il fustino a Fabio De Luigi!…”, conferma quest’ultimo, continuando : “Senti, mò perché non gli chiediamo di fare una foto?…Certo,sarebbe stato il massimo se avessimo incontrato De Luigi… ma ,in fondo , l’è famoso pure lui, no?…Mò stai a vedere cosa ti combino!…” . “Scusi…scusi un po’…dico a lei!…” , si avvicina, richiamando l’attenzione dell’attore ,l’ardito ventenne. “Dice a me , giovanotto?…” , chiede Ferrari, stupito. “Sì, sì, dico proprio a lei!…scusi se la disturbo, ma sa , con il mio amico , qui, l’abbiamo riconosciuta…lei è quello del Dash!…e , così,abbiamo pensato di chiederle di fare una foto ricordo insieme a noi!…che ne dice, lo facciamo uno scatto?…“, si lancia nella richiesta , il giovanotto, per niente imbarazzato. “Senta, lei è molto simpatico , lo sa?…però, al tempo stesso, anche molto sfrontato!…Non tanto per la richiesta in sé, quanto per il modo in cui l’ha formulata…Lei ,mi ha appena associato alla pubblicità di un prodotto, pertanto io, secondo il suo ragionamento, sarei quel prodotto stesso, ovvero : un detersivo, il “Signor Dash!”…”, constata amareggiato l’artista, chiosando : “Le rivelerò invece, così da chiarirle le idee, che sono un attore e non: “quello del Dash!”…”.
“Chi sono io, oggi? , sono ancora quel bambino fortunato, piccolo in mezzo a grandi attori dai quali imparava tutto” . Così, nel 2009, l’attore, doppiatore e conduttore Paolo Ferrari, rispondeva alla domanda di un cronista, in occasione del suo ottantesimo compleanno. Nato il 26 febbraio del 1929 a Bruxelles, per via dell’attività diplomatica del padre console, dopo qualche anno trascorso nei Paesi Bassi, fa ritorno con la famiglia in Italia, stabilendosi a Roma. Attratto dalla recitazione sin da piccolissimo, debutta all’età di nove anni , interpretando il “balilla Paolo” in una programma radiofonico trasmesso dall’ Eiar, cui segue, nel 1938, l’esordio cinematografico , (con tanto di pseudonimo artistico : “Tao Ferrari”), nella pellicola di Alessandro Blasetti “Ettore Fieramosca”. Interrotta momentanemente l’ascesa di bambino prodigio a casua dei fatti tragici della Seconda Guerra Mondiale( la sua infanzia è segnata dalla morte del fratello fascista, Leopoldo, ucciso dai partigiani) , in piena Ricostruzione riprende la carriera di artista, cimentandosi nel doppiaggio ( presta la voce all’americano David Niven in “Scala al paradiso” di Michael Powell ed Emeric Pressburger). Protagonista, insieme con Nino Manfredi e Gianni Bonagura, del varietà radiofonico “Rosso e nero n°2”,fra gli anni Cinquanta e Sessanta , alterna alla televisione (partecipa al fianco di Vittorio Gassman al programma Rai “Il Mattatore” , conduce accanto ad Enza Sampò il “Festival della canzone italiana di Sanremo”e prende parte agli sceneggiati “Giallo club. Invito al poliziesco” e “Il giornalino di Gian Burrasca”, desunto ,quest’ultimo, dall’omonimo romanzo di Vamba) il teatro (porta in scena “L’opera da tre soldi” di Bertold Brecht) e il doppiaggio (doppia Franco Citti in “Accattone” di Pier Paolo Pasolini). Tuttavia, raggiunta la popolarità solo grazie a una serie di Caroselli dedicati a un noto detersivo, determinato ad abbandonnare il cliché dell’”attore delle pubblicità”, torna al doppiaggio (è la voce di Jean-Louis Trintignant ne “Il sorpasso” di Dino Risi). Interprete di sceneggiati di successo del primo canale Rai, quali : “Nero Wolfe”, adattamento dal romazo di Rex Stout di Giuliana Berlinguer e “Accadde a Lisbona” di Daniele D’Anza, nel decennio Settanta non tralascia l’attività di doppiatore (presta la voce ad Humphrey Bogart nei film “Il mistero del falco” e “Agguato ai tropici” , entrambi di John Huston e ne “Il grande sonno” di Howard Hawks). Negli anni Ottanta, invece, costituita con Valeria Valeri una coppia teatrale, rivelatasi vincente,si dedica esclusivamente al palcoscenico (“Fiore di cactus” di Barillet e Gredy, “Vuoti a rendere” di Maurizio Costanzo, “Sinceramente bugiardi” di Alan Ayckbourn, “Senti chi parla” di Derek Benfield, “Gin Game” di Donald Lee Coburn e “Love letters” di A.R. Gurney) che non abbandona sino alla metà del decennio Novanta, quando torna sul piccolo schermo con la serie comica di Rai Due, “Disokkupati”, diretta da Franza Di Rosa. Vissuta a partire dal 2000 una nuova primavera artistica, partecipa a fiction e a serie televisive Rai e Mediaset (“Non lasciamoci più” di Vittorio Sindoni, “Don Luca” di Giorgio Vignali , “Orgoglio” di Giorgio Serafini, Vittorio De Sisti e Maria Venturi , “Incantesimo 9-10” di Gianni Lepre, Alessandro Cane e Tomaso Sherman e “Notte prima degli esami ’82” di Elisabetta Marchetti, tratta dall’omonima pellicola di Fausto Brizzi). Vincitore nel 2006 del premio Gassman alla carriera, nel 2008 reinterpreta la pubblicità del detersivo che negli anni del boom gli aveva regalato la fama e nel 2012 calca i palcoscenci accanto alla Valeri, con il nuovo allestimento di “Gin Game”, diretto da Francesco Macedonio. Ammalato da tempo, si è spento il 6 maggio scorso, all’età di ottantanove anni, nell’ospedale di Monterodondo in cui era ricoverato e assistito dalla seconda moglie Laura Tavanti e dai figli: Fabio e Daniele, (avuti da Marina Bonfigli) e Stefano. Riguardo la sua vicenda artistica e umana, all’indomani della scomparsa, i critici hanno scritto: “Con lui finisce un’era , quella di una bella Italia che non esiste più…Una vita, la sua, vissuta giocando a recitare in quel teatro che riteneva “luogo dove anche “l’io è morto” può assumere espressione”, attore di un Paese che ha rappresentato instancabilmente, partendo dai microfoni della radio, passando per la tv in bianco e nero e a colori, fino ad arrivare a oggi, nell’era dei telefonini e dei computer”.